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Larsen | Rever | Review

IL MUCCHIO | Federico Guglielmi

gratificante apprendere che i Larsen hanno realizzato il loro nuovo Rever per l'etichetta gestita da M. Gira

conosciuto ai più come mente dello splendido progetto denominato Swans; e fa piacere constatare che proprio Gira ha seguito e guidato in studio il quintetto torinese, dopo che un altro famoso guru della scena di New York (Martin Bisi) si era assunto gli stessi oneri per il precedente No Arms , No Legs: Identification Problems. Oltre quattro anni dopo quel primo album autoprodotto, e piu' di sei dopo il mini cd (anch'esso realizzato in regime di autarchia) Born Under A Bad Influence, i lArsen son dunque tornati a proporsi, presentati dallo sticker apposto sulla spoglia ma elegante copertina come "italian cult collective/ urban folk, ritual/experimental soundscapes/ wall of love": una descrizione efficacissima che rende giustizia a tutte le componenti di un sound, ora assai meno aggressivo e rumoroso che in passato, nel quale convivono ritmi ipnotici, echi industrial, ossessioni minimaliste, testi recitati in inglese e italiano, intimismo filo-trance, accenni di improvvisazione jazz, melodie deviate e quant'altro. alcuni, non c'è dubbio, tireranno in ballo il post-rock, ma per quel che ci riguarda preferiremmo parlare di (scusate l'infame gioco di parole) pre-post, dato che la band sembra rifa- insomma quella avviata dalla mitica raccolta No New York e portata alla gloria da Swans e Sonic Youth- piuù che a certi suoi più moderni eredi. Riferimenti "tecnici" a parte, Rever è comunque un lavoro di grande bellezza, intensamente suggestivo e molto meno ostico- brani come Impro, Mentre o Intermezzo sono anzi, a loro modo , quasi "pop" - di quanto il quadro fino ad ora dipinto potrebbe far supporre. Non concedergli un minimo di attenzione sarebbe un atto gravemente autolesionista.
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