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LARSEN | REVER | Review
Rituale questa musica lo sembra per davvero
"Italian Cult/ Collective Urban/ Folk/ Ritual/ Experimental/ Soundscape/ Wall Of Love": lo sticker di copertina è così prodigo di chiavi di lettura per il secondo album dei torinesi Larsen da riuscire a sconcertare anche il più puntiglioso dei catalogatori. Il fatto è che non sarebbe nemmeno il solo a rimanere spiazzato dal disco che il 'misterioso' collettivo subalpino ha realizzato con la 'sgomenta' complicità dell’ex Swans Michael Gira.Soprassediamo tuttavia per un momento sui virgolettati e arriviamo subito alla sostanza sonora della decina di titoli in elenco. Rituale questa musica lo sembra per davvero, insistendo sui toni ipnotici, sulla vaghezza dei suoi temi melodici e sui timbri molto sfumati delle voci che si limitano per lo più a bisbigliare sugli strumenti. Che abbia matrici folk lo testimonia poi l’impiego reiterato di sonorità acustiche e naturali più che la struttura armonica e melodica dei vari episodi, assai più prossima a tale riguardo agli idiomi dell’avanguardia. Che infine le sue suggestioni abbiano ampiezza e profondità da scenari del possibile è cosa che non si fatica affatto a cogliere nello svolgimento per lo più compassato, solenne e anche un po’ inquietante di ciascun brano, aggettivo quest’ultimo che alla musica dei Larsen pare attagliarsi assai meglio dell’immagine – Wall Of Sound - suggerita dall’adesivo in copertina.
Tant’è che alla fine il racconto di Gira sulla genesi di questo lavoro – potrebbe essere benissimo il canovaccio di un romanzo del mistero, con i musicisti che 'adescano' il produttore e lo costringono a lavorare sempre dietro una cortina - non potrebbe risultare più illuminante e aderente alla realtà .
Quella di un gruppo che per intuizioni sonore e audacia espressiva non ha nulla da invidiare alle più quotate formazioni d’oltreoceano. Elio Bussolino